mercoledì 30 agosto 2017

L'arena dei draghi - Prologo

Desolazione del Sèrnifal Dínoe,
anno 304929 dalla fondazione di Àruet,
giorno di Lyamé, 21 Terùsto


Il giovane esemplare di drago femmina si muoveva a malapena, riverso sulla sabbia del desolato deserto di Sèrnifal Dínoe, sotto al rovente sole sorto ormai da qualche ora su Aéskelon a festeggiare con tutta la propria esuberante energia il solstizio d'estate. Un deserto desolato, sí... ma, evidentemente, non abbastanza. Per la giovane draghessa del fuoco, lunga appena una decina di metri in tutto sommando le tre sezioni di coda, corpo e collo, invadere inavvertitamente il territorio di un iracondo drago delle sabbie era stato fatale. L'altro era stato un drago adulto, nel pieno delle proprie forze, lungo difatti quindicimetri... Le scaglie tra il beige e il giallastro del suo dorso gli avevano consentito di mimetizzarsi con facilitá estrema nella sabbia; se poi si considera che un drago adulto é anche discretamente abile nello sfruttare le proprie innate risorse magiche per lanciare incantesimi... quindi perfettamente in grado di servirsi di mezzi esoterici per migliorare il proprio occultamento... ben si comprende come la draghessa del fuoco non avesse avuto scampo.
Il krephòssh, come i draghi chiamavano il loro magico soffio in generale, indipendentemente dalla particolare manifestazione del micidiale attacco (fuoco, acqua, fulmini...), l'aveva investita prima ancora che ella si rendesse conto di essere sotto attacco. Un soffio di aria rovente, secca, disidratante, che trascinava un micidiale pulviscolo di sabbia e sale... La draghessa Kjiumòf-Tìja aveva avuto scaglie belle e robuste; di un rosso vivo e deciso verso il ventre, che veniva squarciato da esplosioni cromatiche di vampe gialle dai bianchi contorni sui fianchi (le quali le avevano fruttato il soprannome di "Kjiumòf-TìjaS"), per poi virare gradatamente a un lieve grigio fumo verso il dorso. Ma, sotto la violenza del furibondo attacco, si erano seccate e spaccate, esponendo larghe aree di carne viva. Non miglior sorte era toccata alle piú delicate membrane delle ali, ali ampie, dalla stessa foggia di quelle dei pipistrelli, solitamente ben in grado di sostenere in volo la giovane femmina... ma le quali, dopo il brutale assalto, avevano dovuto cedere, riuscendo a malapena a smorzare la rovinosa caduta. Fortunatamente, la sabbia aveva ulteriormente attutito l'impatto.
Il drago delle sabbie non aveva atteso un istante nel lanciarsi su di lei. Kjiumòf-TìjaS ricordava ancora quel bel colore azzurro chiaro delle scaglie del ventre, cosí simile al cielo del deserto... e che era risultato in cosí plateale contrasto con la brutale violenza del collerico maschio, il quale l'aveva spinta via, lontano, a forza di potenti calci con le zampe piú massicce, quelle inferiori, sulle quali i draghi potevano reggersi in piedi. Non l'aveva morsa con le ferali zanne o colpita con l'altro paio di zampe, gli arti superiori, simili a braccia, meno possenti, ma muniti di mani artigliate, piú adatti a attacchi rapidi o a compiti di precisione; tuttavia, a titolo di commiato, una volta ottenuto di spingerla fuori dal territorio che si era scelto, le aveva calato contro un feroce colpo di coda. Doveva averle spezzato diverse ossa: il dolore non la lasciava concentrare su magie curative. Era come giá morta. Kjiumòf-Tìja lo sapeva.
Ne ebbe la conferma, quando si accorse della creatura che le era arrivata vicino senza che lei nemmeno se ne accorgesse. In condizioni ordinarie, un drago, coi propri acuti sensi da cacciatore, avrebbe dovuto percepire il pur piccolo essere! Si trattava di un umanoide. Uno gnomo. Alto a malapena un decimo di quanto lei era lunga. Eppure, lui vivo e vegeto; lei morente. Il pensiero di una simile ingiustizia la spinse quasi a schiacciarlo con uno stanco colpo d'artiglio o di coda. Ma qualcosa la trattenne. Ma sí. In fondo, a che sarebbe servito?
Le parve di percepire l'addensarsi di potenziale occulto. Lo gnomo stava incanalando potere. Magia. O forse potenza divina. Ridicolo! A quali risorse arcane poteva fare appello, una creaturina alta sí e no un metro? Probabilmente, lo gnomo avrebbe avuto bisogno di avere altri nove colleghi a spalleggiarlo, qualsiasi cosa intendesse tentare di farle...
Poi Kjiumòf-TìjaS sentí. Kjiumòf-Tìja avvertí una benevolenza quale mai aveva provato nel corso della propria burrascosa vita da draghessa. Sentiva una forza amorevole che la pervadeva completamente... senza farle violenza, senza costringerla a nulla, nemmeno alla riconoscenza, ma semplicemente, rivelandosi, donandosi, offrendosi...
«Nel nome di Jàras,» sorrise lo gnomo «io ti dico, figliola, alzati!»
Kjiumòf-TìjaS era troppo sorpresa. Sorpresa da questa eccezionale forza che la minuscola creatura era riuscita a veicolare. Sorpresa dall'atteggiamento di quello gnomo, il quale, senza ombra di paura nei propri luminosi occhi azzurri, che sembravano splendere piú che i raggi del forte sole di Aéskelon sui suoi sozzi ricci castani, aveva deciso di aiutarla. Quando, solitamente, i draghi che incontravano degli gnomi, se forse, in ragione della soprannaturale simpatia che le creaturine sapevano ispirare, non li divoravano, per lo meno li depredavano di ogni avere.
La draghessa si stupí anche di aver compreso le parole dello gnomo. A meno dell'ausilio di magia o di altri prodigi, difatti, gli gnomi non erano in gradi di comunicare coi draghi. Si meraviglió altresí di essersi alzata. Non si era accorta di averlo fatto. Nè di essere fisicamente in grado di farlo.
Non soffriva piú. Ed era viva. Quindi, era stata guarita. Si esaminó le scaglie, flettendo senza difficoltá il lungo collo serpentino. Sí. Era stata guarita completamente. Da un semplice gnomo.
«Ecco, figliola,» continuó a sorriderle lo gnomo, con una serenitá che pareva, in un qualche arcano modo, piú potente della sfrenata ira del drago delle sabbie di poco prima «io sono venuto a portare a te e ai tuoi fratelli il dono di Jàras. Il suo amore completo ed efficace, che abbraccia ogni creatura. E che, quando reinvestito, porta frutti impensabili».
«A noi draghi piacciono i doni,» rispose Kjiumòf-Tìja, cercando di prendere tempo in quanto si sentiva troppo confusa da tutti quegli eventi insoliti che si erano susseguiti nell'arco di cosí poco tempo «ma io non ho fratelli».
«Gli altri draghi, figliola» non smise di sorriderle lo gnomo. «Portami a conoscere gli altri draghi, se ora ti senti meglio».


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