mercoledì 30 agosto 2017

Ciò che deve essere fatto - Prologo

Traágrin,
anno 240524 dalla fondazione di Traágrin,
giorno di Gaáry, 11 Graákel


Sei gli elmi ai cavalieri di Wrannun,
che li proteggan nella sacra cerca.
Tre martelli a batter forte,
per forgiar le loro lame.
Due i fiumi di Cairunnan,
la fatata terra di salvezza,
che darà i natali alla speranza,
all'unico Cercatore destinato a guidarli
a trovare il sacro talismano di Kaenor.

«No, Némo, davvero no» il giovane nano levò il palmo della sinistra a interrompere le declamazioni dell'amico. «Lo sai che quella dell'Ultimo Cercatore non mi piace».
«Tzk!» esclamò lo Tzáni, lievemente stizzito «Ho capito che non ti piace, Páer. Dovrei avere una testaccia dura come quella di un nano, per lasciarmi sfuggire i tuoi sottili segnali».
E Némo, di duro, dava l'impressione di avere ben poco. Come tutti gli Tzáni, i bizzarri ibridi gnomo-zanzara che era possibile trovare sul continente di Smóold, l'essere aveva l'aspetto di un umanoide di altezza ben inferiore al metro, basso anche rispetto a un nano e certo assai meno robusto, con accenni di morbide rotondità, al limite, in luogo di soda muscolatura scolpita.
«Tutte le volte che mi azzardo a incominciare questa storia,» enumerò sulle dita lo Tzáni «insisti sempre a interrompermi. Dopo averlo fatto, non contento, tipicamente spendi ore a criticare questo o quell'aspetto della leggenda. Almeno mi avessi dato la soddisfazione di ascoltarla tutta fino alla fine, una sola volta! Per giunta, nemmeno riesci a ricordare che il capolavoro del bardo Jerére si chiama "Unico Cercatore" e non "Ultimo Cercatore"...»
Gli Tzáni sapevano articolare le parole con una facilità che non mancava mai di sorprendere chi li vedeva per la prima volta, considerata la loro faccia da zanzara, con tanto di mostruosa proboscide potenzialmente adatta a suggere sangue... ma Páer conosceva Némo ormai da più di vent'anni, quindi non perse tempo a meravigliarsi e si limitò a sbuffare: «Unico, ultimo... che differenza fa? Sempre la stessa storia. Il Male che vuole il mondo... L'oggetto per fermarlo... La ricerca... Il viaggio...»
«Se, successivamente, un mucchio di altri cantori di mezza tacca hanno replicato alla nausea lo schema dell'immortale Jerére, ciò non è certo ascrivibile a sua colpa!» difendeva il proprio idolo Némo. Da Tzáni appassionato di leggende qual era, non poteva che ammirare quel grande bardo della propria stessa gente e davvero non concepiva l'idea che qualcuno potesse non afferrarne la grandezza.
«Anzi, questo casomai testimonia...» avrebbe inteso proseguire lo Tzáni.
«... Testimonia che un tempo si accontentavano facilmente!» tagliò corto Páer, aggrottando in segno disapprovazione le sopracciglia bionde, folte quanto le chiome che, del medesimo colore, gli cadevano appena sotto le spalle «Sai come la penso. Già la trovata degli gnomi dalle gote violacee è una cazzata».
"Come volevasi dimostrare..." pensò lo Tzáni, alzando gli occhi alla volta della propria abitazione, affrescata con scene di misteriosi vaticini e incorniciata da rune dal significato occulto "Ecco che comincia la fase due: la denigrazione gratuita".
Era tentato di involarsi sulle proprie fragili alette da zanzara e uscire dalla vicina finestra, rappresentata da poco più che un ovale scavato nella parete. Le ali sarebbero state in grado di reggere il suo peso per un breve tratto, anche se nessuno Tzáni era in grado di sfruttarle abbastanza a lungo da farne il proprio strumento di locomozione primario.
Páer, il quale, evidentemente, non era minimamente sfiorato dal sospetto che i nani, nel ribadire a ogni occasione le proprie convinzioni, potessero rendersi incredibilmente noiosi, proseguì imperterrito: «Di cosa soffrivano, questi gnomi? Di ecchimosi permanenti alle guance? Sarebbe per questo che nella storia ce le hanno tutti violacee? E poi, che termine, per indicare quei poveretti, discriminandoli per la loro statura: "i dimezzati"... Già sarebbe brutto essere un Superficiale,» (con tale nome i nani designavano, con sufficienza o disprezzo, gli umani o, più in generale, gli abitanti della superficie del pianeta) «figurarsi esserne mezzo!»
Némo tentò di riprendere la parola, ma il nano, il quale già lo dominava fisicamente dall'alto del proprio metro abbondante di statura, lo sopraffece anche verbalmente, proseguendo: «Ma quella storia di come il Signore del Dolore frega i regnanti di tutte le razze, poi! Va bene gli elfi; magari loro, Superficiali sventati, potrebbero anche accettare doni fatati da un tizio che è il Male in persona senza farsi troppe domande. Va bene gli umani, Superficiali stupidi. Ma i nani! Nessun nano sarebbe mai così cretino! Nessuno!»
«Neanche se i doni fossero minerali molto preziosi, magari capaci di produrre oggetti di fattura perfetta e suscettibili d'esser potentemente incantati?» si levò infine un poco da terra con le alette lo Tzáni, per fissare i propri occhi sfaccettati nelle iridi marroni dell'amico e provocarlo «Nemmeno in tale caso un nano si lascerebbe vincere dall'avidità e dalla cupidigia
«Un nano tiene presente il valore delle cose,» tenne a precisare Páer, di fronte alla totalmente esagerata critica che le altre razze così spesso muovevano alla sua «ma non si lascia abbindolare come un cretino!»
«In effetti,» finse di rassegnarsi l'altro, con un teatrale sospiro «dei veri nani si sarebbero forse limitati a caricare l'Oscuro Sire con le loro tabar, intenzionati a rapinarlo».
«Némo, Némo...» toccò ora al nano, sospirare «Non hai paura che un giorno io mi stufi delle tue insinuazioni e carichi te con la mia tabar?»
La prospettiva di un marziale nano lanciato alla carica con una tabar, un'ascia da guerra pesante, fatta interamente d'acciaio, in effetti non sarebbe stata piacevole per nessuno, forse nemmeno per un drago sotterraneo, ma lo Tzáni si limitò a sorridere divertito: «Dimentichi che so prevedere il futuro?» e gli batté una pacca amichevole sul fianco «So benissimo che non lo farai».
Prevedere il futuro. Certo, come no? Páer era sempre scettico, a mente fredda, quando udiva Némo proferire tale vanto. Eppure, nei momenti di bisogno, molti dei nani della sotterranea comunità di Traágrin andavano a chiedergli consiglio... E, a quanto pareva, nella sua patria, nelle lontane terre dell'impero Tzáni di Tzáss Tzákk, al nord, Némo era considerato un veggente a tutti gli effetti. Per questo, ormai, lo soprannominavano tutti "Profeta".
«Ma se sei un profeta,» lo accusò il nano «allora sapevi che non mi sarebbe piaciuta la tua storia!»
«Per sapere quello non ci vuole un profeta;» fece spallucce Némo «non te ne piace nessuna! Quando ti ho raccontato quella della fanciulla benedetta predestinata a sconfiggere il principe dei demoni di cui non si poteva nemmeno pronunciare il nome...»
«Lo credo bene, che non si può pronunciare!» barrì Páer «Nemmeno io terrei molto a far sapere in giro chi sono, se mi fossi comportato da cretino come lui! Ma come?! Ha lì fra le mani la neonata che dovrebbe, un giorno, sconfiggerlo. Potrebbe benissimo prenderla per i piedi e sfracellarle la testa contro il muro più vicino. Chiaro? Splat! E più niente minaccia! Ma no! Lui deve fare le cose in grande. Deve provare a ucciderla con una empia maledizione. E anche se tu mi racconti che è il principe dei demoni, temuto in tutti gli inferi, uno spaccaculi di prima forza, ecco che il suo grande sortilegio, sulla lattante indifesa, riesce soltanto a farle avvizzire la pelle del collo, mentre lui è riscaraventato agli inferi gemendo di dolore! Mi chiedo come pretendi che io possa bermi una stronzata simile...»
«E inutile ricordare quanto ti sia piaciuta quella del prode cavaliere e della draghessa...» sospirò Némo.
«Quella storia scema in cui i draghi sono gli animali da soma volanti di cavalieri Superficiali?» qui era quasi più incredulo che indignato il nano «Ma dico, Némo, ma da dove le tiri fuori certe idee? Hai mai provato anche solo a avvicinare un drago? Non dico cavalcarlo; non dico nemmeno parlargli; ti ci sei almeno, una volta, avvicinato? Ovviamente no, visto che sei in giro a raccontare simili cazzate, anziché nello stomaco di uno di loro. Poche creature sono più ribelli, indipendenti e pericolose di un drago. Se poi ci aggiungi che il cavaliere prima diventa in un attimo un maestro di forgia, in modo da potersi creare da solo la propria tulwar, poi diventa un mago in quattro e quattr'otto, così già che c'è riesce anche a incantare potentemente la propria arma, poi...»
«Tzk!» volle tentare di ribattere lo Tzáni «Magari era più intelligente di te!»
«Némo,» fece Páer, questa volta col tono paziente con cui avrebbe cercato di far comprendere un'ovvietà a un bambino «vuoi provare, tu, una volta, a venire a lavorare alla forgia? Vuoi vedere se davvero ti basta un primo tentativo, per diventare abbastanza esperto da avere non dico la certezza di creare un'arma decente, ma per lo meno una possibilità di arrivare alla fine della sessione di lavoro senza rovinare minerali, materiali, attrezzi... o peggio te stesso?»
«E sarebbe per questo che sei venuto qui?» tentò di cambiare discorso Profeta «Per invitarmi a una lezione di forgia?»
Il nano si riassestò impercettibilmente sulla sedia, parzialmente a disagio, allungando distrattamente la mano sul tavolo di casa dell'amico a prelevare un'albicocca candita. Regnava la tenebra più fitta, lì, nel sottosuolo, nella immensa grotta in cui era stata edificata l'urbe nanica di Traágrin. Ma ciò non disturbava minimamente né i nani né lo Tzáni che aveva preso dimora presso di loro: entrambe le razze erano perfettamente in grado di vedere al buio. Ciò che disturbava Páer era ammettere che, nonostante dubitasse fortemente delle facoltà di Némo, quando non aveva bisogno di ricorrervi, ora era venuto a chiedergli consiglio.
«Va bene,» concesse lo Tzáni «non rispondermi. Dopo tutto, che veggente sarei, se non sapessi nemmeno che sei qui per chiedermi come andrà a finire se ti imbarcherai nell'ennesima impresa da scavezzacollo?»
«Non ci voleva molto a capirlo...» bofonchiò il nano, comicamente combattuto tra scetticismo e credulità «Quando ho bisogno di te, è sempre per questo».
«Davvero non credi alle mie facoltà?» sorrise Profeta «E allora perché continui a venire?»
«Perché mi dici sempre che riporterò a casa la pelle» rispose Páer, diretto.
"E che cosa altro dovrei dirti, testone di un nano?" pensò Némo, nel segreto della propria mente "Anzitutto, è l'unica profezia che tu, come cliente, non potresti mai tornare indietro a smentire... e poi ci tengo anche a darti un po' di fiducia. Meglio quella che la verità, ovvero che ogni volta rischi di fare una brutta fine. E so che lo sai anche tu. Ma sei un testone di nano e, a dispetto di tutte le volte che giuri per la Forgiatrice, quell'assurda dea-artigiana in cui credete voi altri, a ogni nuova occasione ti lasci fregare. Sempre tu, quello che si imbarca in qualche impresa stupida o pericolosa al servizio della comunità. E tutto ciò che fino a ora questa tua abitudine ti ha fruttato, è stato solo il soprannome di Difensore. Tzk! Páer, Páer, amico mio... Speriamo bene anche questa volta..."


Prosegui al Capitolo 1

Nessun commento:

Posta un commento